Se seguite questa pagina con assiduità ormai conoscerete la fantastica serie TankCraft edita da Pen&Sword. Ed oggi il volume trattato riguarda uno dei carri iconici di quella che fu una cavalcata nel deserto, l'Operazione Desert Storm (per i britannici questa campagna nel deserto prese il nome di "Operazione Granby") ovvero il Challenger 1.
Rob Griffin, ex carrista in forza al 4/7th Royal Dragoon Guards nonchè grande esperto e storico dei corazzati, ci fa conoscere questo carro armato, che non ebbe dei grandi esordi.
Spesso i britannici hanno infatti inventato o brevettato novità in ambito militare per poi "rilassarsi sugli allori" e venire superati come tecnologia e dottrine operative. Fu così per l'invenzione del Carro Armato nel 1916, con le dottrine che influenzarono anche un design fallace dei carri nella Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra però i britannici sfornarono forse uno dei migliori carri armati della storia: il Centurion. Ad esso, quando ci si rese conto che stava diventando obsoleto succedette il Chieftain, ma sia da parte degli alleati che dei potenziali nemici sovietici la tecnologia dei corazzati faceva passi avanti, relegando ancora una volta il maggiore carro da battaglia britannico al ruolo di Cenerentola. Lo sviluppo del Challenger 1 fu quasi fortuito perchè dovuto ad eventi che si verificarono molto distante dal Regno Unito. Infatti negli anni '70 uno dei maggiori acquirenti era lo Shah di Persia, che aveva investito molto nel Chieftain, che modificato aveva assunto il nome di Shir. Il ricco stato persiano però aveva dato mandato alle ditte britanniche di creare un altro carro armato, molto più avanzato e sempre prendendo come base il Chieftain, questo avrebbe dovuto essere chiamato Shir 2. La rivoluzione islamica di Khomeini però bloccò questi ordini, così che rimase una grossa flotta di carri armati negli arsenali delle ditte britanniche. I giordani rilevarono le commesse per lo Shir 1 che ancora dovevano essere consegnate alla Persia ora Iran. Tuttavia lo Shir 2 e il lavoro fatto su di esso non fu buttato e formò la base per il nuovo carro, denominato Challenger.
Il libro, come tutti quelli della serie, offre un giusto e valido compromesso per accontentare sia lo storico che il modellista. La monografia infatti si avvale di un apparato iconografico molto consistente, con una parte testuale altamente informativa. Però la parte più interessante e originale è costituita dai profili a colori del carro trattato. Sono presenti 8 profili con tutte le visuali. Inoltre per accontentare il modellista sono presenti le foto di 4 modelli montati da modellisti professionisti.
I modelli presenti sono:
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea del Kosovo IFOR in scala 1/35 montato da Paul Crocker (Kit Tamiya)
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea dela Bosnia SFOR in scala 1/35 montato da Brian Richardson (Kit Tamiya con aggiunte Eduard)
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea del deserto ( Operazione Granby 1991) in scala 1/35 montato da Steve Abbey (Kit Tamiya)
Challenger 1 MBT ritratto nella livrea in uso nelle esercitazione sulla Piana di Salisbury in scala 1/72 e creato partendo da un kit Airfix del Chieftain.
Sono presenti come al solito delle sezioni che illustrano la storia del mezzo, le sue principali varianti (non moltissime visto che il carro armato è stato in servizio per 18 anni) e dopo le bellissime riproduzioni ad opera dei modellisti le consuete recensioni per orientarsi sul mercato dei modellini, con ogni versione recensita e valutata.
Completa il libro un'interessantissima sezione riguardante il comportamento in servizio del carro armato, con una breve ma efficace analisi delle tre campagne a cui ha partecipato. Il Challenger non aveva dato una buona prova di sè quando chiamato a partecipare ad una competizione nel 1987 con altri carri armati alleati in Germania piazzandosi ultimo. Quando scoppiò la Prima Guerra del Golfo, la Thatcher richiese agli alti vertici militari britannici se il carro fosse pronto per partecipare e se si sarebbero evitate le brutte figure del 1987. I vertici risposero che il carro avrebbe dato buona prova di sè, e così fu, piazzando anche il record della distruzione di un carro nemico a maggiore distanza della storia dei corazzati (5100 m) e non riportando alcuna perdita, dimostrando anche una certa resistenza meccanica. Le altre due campagne prima del ritiro furono "pacifiche" nel senso che i carri non dovettero mai sparare ma fu la loro presenza a garantire che si rispettassero le decisioni prese da organismi internazionali: in Bosnia (1996) e Kosovo (1999).
Che dire di più? Oggi il Challenger 1 è stato sostituito da un carro che esteriormente gli somiglia ma che è molto più moderno: il Challenger 2. Laddove il Challenger 1 era un carro di vecchia generazione a cui erano state applicate soluzioni tecnologiche avanzate per farlo stare al passo coi tempi, il Challenger 2 è un carro di nuova generazione. Tuttavia il Challenger 1, quando è stato chiamato all'azione ha fatto il suo dovere e rimane nei cuori di chi lo ha guidato e ci ha combattuto insieme. Un'altra monografia della serie TankCraft che non può mancare nella vostra libreria.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Challenger 1 : British Main Battle Tank of the Gulf War
Autore: Rob Griffin
Pagine: 64
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Challenger-1-Paperback/p/16720
No comments:
Post a Comment