Nel 1936 in Spagna scoppiò una terribile e fratricida Guerra Civile, un presagio di quella che poi fu la Seconda Guerra Mondiale. Da un lato le forze Repubblicane aiutate dal PCUS e da volontari internazionali, dall'altra i Nazionalisti, che vedevano tra le loro fila militari e non scontenti di come la Repubblica prospettava il futuro della Spagna. Questi ultimi videro un determinante aiuto da parte della Germania Nazista e dell'Italia Fascista che intervennero in funzione anticomunista.La guerra protrattasi fino al 1939 sebbene distruttiva fu provvidenziale per il fatto che evitò alla Spagna, già stremata dal conflitto interno, di partecipare alla più tragica e distruttiva guerra della storia, la Seconda Guerra Mondiale.
Tuttavia nel 1941, si formò un corpo di volontari anticomunisti che arrivò a contare gli effettivi di una divisione, inquadrata poi nella Wehrmacht tedesca come 250° Divisione ed impiegata sopratutto nella parte settentrionale del fronte russo. Questa divisione passò alla storia come "Division Azul" anche per il cospicuo numero di falangisti (un'organizzazione simile al fascismo italiano) e nelle sue fila.
Oggi Sagarra, Gonzalez e Molina ci portano a conoscere alcuni di quegli uomini che pur vivendo in una nazione ormai in pace come la Spagna, scelsero per convinzione ideologica di arruolarsi e andare a combattere contro il comunismo in Russia.
Il libro, edito da Frontline, è un omaggio sentito ai "divisionarios" dal nome con cui furono conosciuti i soldati della "Azul" alle loro storie e alle loro uniformi. In questo senso un prezioso contributo è dato oltre che dalle numerosissime foto, dagli splendidi disegni dell'illustratore storico argentino Ramiro Bujeiro. Il libro si avvale infatti di ben 76 illustrazioni di membri della Azul e non solo. Scrivo "non solo" perchè dopo che la Azul fu rimpatriata nel 1943, un piccolo nucleo di volontari fra i volontari andò a costituire un'unità della Divisione belga SS "Wallonien" prendendo il nome di "Legione Azul" e perchè oltre ai membri della divisione e della legione sono presenti anche altri personaggi ritratti dall'ottima arte di Bujeiro. Inoltre fu presente anche un unità di piloti che fu inquadrata nella Luftwaffe.
Il libro è suddiviso in maniera molto efficace, presentando in ordine gerarchico a partire dai generali fino alla truppa i personaggi più importanti della Divisione Azul.
Si parte con i tre comandanti della Divisione, ovvero Augusto Munoz Grandes, Santiago Amado Loriga ed Emilio Esteban-Infantes Martin, con illustrazioni che ricostruiscono le loro fattezze e uniformi alla perfezione. Il libro è infatti una piccola gemma anche per comprendere bene lo spirito del soldato spagnolo e il suo orgoglio di appartenenza anche nelle piccole differenze che lo facevano risaltare rispetto al soldato tedesco, di cui vestivano l'uniforme. Decorazioni, piccoli particolari di abbigliamento, a volte anche l'utilizzo dell'uniforme spagnola in luogo di quella tedesca.
Ho notato con interesse come i falangisti facessero motivo di orgoglio portare la "camisa azul" , la camicia blu della Falange con il collo che usciva dalla giacca della Wehrmacht. Un altro motivo di interesse è quanti soldati e ufficiali avessero avuto già all'attivo la partecipazione oltre alla Guerra Civile Spagnola anche le operazioni coloniali in Africa degli anni '20. E come molti, dopo il trascorso nella Divisione Azul avranno una carriera brillante nell'esercito e nella società spagnola.
Che dire di più? Già nei precedenti mesi avevo recensito i libri di Oscar Gonzalez e Pablo Sagarra (qui: https://oldbarbedwire.blogspot.com/2019/03/lake-ilmen-1942-wehrmacht-front-to-red.html ), nel caso specifico quello riguardante l'impresa del Lago Ilmen da parte della compagnia sciatori della Divisione Azul e che rappresenta un ottimo compagno al libro di oggi. Anche con "Hitler's Spanish Division" , gli autori e l'illustratore ci regalano una piccola gemma che ci fa conoscere la storia di una Divisione che si è fatta onore sul Fronte Orientale.
Un grazie di cuore a Frontline Books per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Hitler's Spanish Division
Autori: Pablo Sagarra, Oscar Gonzalez, Lucas Molina - Illustrazioni di Ramiro Bujeiro
Pagine: 116
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Hitlers-Spanish-Division-Hardback/p/13840
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Friday, January 31, 2020
Thursday, January 23, 2020
Clara Barton's Civil War - Between Bullet and Hospital di Donald C. Pfanz
Tutti più o meno conosciamo Florence Nightingale, la donna che più di tutte si adoperò per lenire le sofferenze dei militari britannici in Crimea, in una campagna che rappresenta le cose da non fare in ambito logistico. Un po' meno, da questa parte dell'Atlantico, conoscono Clara Barton, che fece quello che fece la Nightingale però nella Guerra Civile Americana.
Il libro che vi presento oggi è scritto dallo storico americano Donald Pfanz, grande esperto di Guerra Civile Americana, ed è edito da Westholme, casa editrice con sede in Pennsylvania. In questo libro, Pfanz dall'alto della sue esperienza di archivi e raffronto di fonti storiche analizza le opere della Barton ponendole sotto una nuova luce.
La Barton fu presente sin dalle prime battaglie (Manassas) della Guerra nel prestare soccorso alle forze unioniste, e sebbene dapprima tradisse la sua inesperienza e disorganizzazione, la sua grande forza d'animo, il suo carattere e anche in un tempo in cui non se ne faceva certo mistero, le sue conoscenze in alti posti pubblici e militari, le permisero di essere sempre più efficiente nel portare aiuto ai feriti militari.
Pfanz confronta le fonti diaristiche ed epistolari della Barton con altre testimonianze andando a scovare curiose discrepanze, segno che spesso la Barton esagerava alcune sue esperienze ad uso e consumo di stampa ed amici.
Tuttavia questa donna, iperattiva in un tempo in cui le donne spesso passavano tutta la loro vita tra quattro mura domestiche, può essere solo ammirata, e i suoi difetti caratteriali, la sua scarsa predisposizione a lavorare, come direbbero oggi, "in team" sono solo a mio avviso piccoli peccati veniali.
La Barton tra l'altro aveva la capacità di organizzare spedizioni sui vari fronti di guerra in maniera molto veloce, grazie alla sua logistica sempre più raffinata e al suo carattere forte ma nello stesso tempo dai modi accattivanti. Questo le permise di essere sui campi di battaglia di Fredericksburg dove ci fu quella che oggi chiameremmo una crisi umanitaria riguardante l'enorme numero di feriti susseguente alla battaglia della fine del 1862, a cui lei cercò di ovviare (prendendosene i meriti, cosa che però viene smentita dagli eventi e dall'analisi di Pfanz) mentre in seguito per varie vicissitudini si spostò in Sud Carolina assistendo ai famosi attacchi a Fort Wagner (famosi anche per l'impiego del 54° Reggimento di colore) e ritornando al nord per assistere i feriti in altre battaglie sempre nella zona di Fredricksburg in Virginia, luoghi che videro i due eserciti confrontarsi spesso e anche nella famosa "Battaglia del Cratere" a Petersburg.
La fine della guerra, per motivi personali fu luttuosa per Clara Barton, dato che vide perire a breve distanza di tempo l'amato fratello e il nipote, figlio di una sorella.
Tuttavia come suo solito il dolore non la abbattè del tutto dato che si gettò in un lavoro triste ma essenziale alla fine di una guerra, ovvero l'identificazione dei caduti e le notizie riguardanti il destino di molti soldati, in primis quei prigionieri unionisti segregati nel famigerato campo di Andersonville.
La Barton, che lavorava in un ufficio brevetti, alla fine della guerra non riprese il suo lavoro, trovandosi per un certo tempo senza entrate economiche. Ma questa donna che non si perdeva d'animo riuscì a monetizzare le sue esperienze di guerra dando delle letture ben remunerate in giro per gli Stati Uniti. Essa non si fermò solo negli Stati Uniti, ma trascorse un periodo, a cavallo della Guerra Franco Prussiana, in Europa, e cercando, anche in quel caso di dare una mano, ma senza successo. In Europa da anni esisteva la Croce Rossa che lei esportò in America diventandone la prima presidente e poi battendosi per la ratifica della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri e dei feriti da parte del Governo Statunitense.
Il libro presenta un'appendice interessante che contengono le parole stesse della Barton e tratte da dei discorsi che fece nel dopoguerra e che descrivono le esperienze delle prime battaglie e dei due periodi passati a Fredericksburg nel 1862 e 1864.
Pfanz ci regala un ottimo libro che analizza senza enfasi gli atti compiuti dalla Barton, e che ci fanno riflettere sul fatto che spesso diari, discorsi o scritti di una persona non convogliano tutta la verità e vanno presi "cum grano salis", ma tuttavia i gesti umanitari della Barton sebbene il suo carattere tradisse autopromozione e un po' di narcisisimo restano di enorme importanza per la storia della Guerra Civile Americana e per le organizzazioni umanitarie da quell'evento in poi.
Un grazie di cuore a Pen&Sword e Westholme per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Clara Barton's Civil War - Between Bullet and Hospital
Autore: Donald C. Pfanz
Pagine: 228
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Clara-Bartons-Civil-War-Hardback/p/15997
Il libro che vi presento oggi è scritto dallo storico americano Donald Pfanz, grande esperto di Guerra Civile Americana, ed è edito da Westholme, casa editrice con sede in Pennsylvania. In questo libro, Pfanz dall'alto della sue esperienza di archivi e raffronto di fonti storiche analizza le opere della Barton ponendole sotto una nuova luce.
La Barton fu presente sin dalle prime battaglie (Manassas) della Guerra nel prestare soccorso alle forze unioniste, e sebbene dapprima tradisse la sua inesperienza e disorganizzazione, la sua grande forza d'animo, il suo carattere e anche in un tempo in cui non se ne faceva certo mistero, le sue conoscenze in alti posti pubblici e militari, le permisero di essere sempre più efficiente nel portare aiuto ai feriti militari.
Pfanz confronta le fonti diaristiche ed epistolari della Barton con altre testimonianze andando a scovare curiose discrepanze, segno che spesso la Barton esagerava alcune sue esperienze ad uso e consumo di stampa ed amici.
Tuttavia questa donna, iperattiva in un tempo in cui le donne spesso passavano tutta la loro vita tra quattro mura domestiche, può essere solo ammirata, e i suoi difetti caratteriali, la sua scarsa predisposizione a lavorare, come direbbero oggi, "in team" sono solo a mio avviso piccoli peccati veniali.
La Barton tra l'altro aveva la capacità di organizzare spedizioni sui vari fronti di guerra in maniera molto veloce, grazie alla sua logistica sempre più raffinata e al suo carattere forte ma nello stesso tempo dai modi accattivanti. Questo le permise di essere sui campi di battaglia di Fredericksburg dove ci fu quella che oggi chiameremmo una crisi umanitaria riguardante l'enorme numero di feriti susseguente alla battaglia della fine del 1862, a cui lei cercò di ovviare (prendendosene i meriti, cosa che però viene smentita dagli eventi e dall'analisi di Pfanz) mentre in seguito per varie vicissitudini si spostò in Sud Carolina assistendo ai famosi attacchi a Fort Wagner (famosi anche per l'impiego del 54° Reggimento di colore) e ritornando al nord per assistere i feriti in altre battaglie sempre nella zona di Fredricksburg in Virginia, luoghi che videro i due eserciti confrontarsi spesso e anche nella famosa "Battaglia del Cratere" a Petersburg.
La fine della guerra, per motivi personali fu luttuosa per Clara Barton, dato che vide perire a breve distanza di tempo l'amato fratello e il nipote, figlio di una sorella.
Tuttavia come suo solito il dolore non la abbattè del tutto dato che si gettò in un lavoro triste ma essenziale alla fine di una guerra, ovvero l'identificazione dei caduti e le notizie riguardanti il destino di molti soldati, in primis quei prigionieri unionisti segregati nel famigerato campo di Andersonville.
La Barton, che lavorava in un ufficio brevetti, alla fine della guerra non riprese il suo lavoro, trovandosi per un certo tempo senza entrate economiche. Ma questa donna che non si perdeva d'animo riuscì a monetizzare le sue esperienze di guerra dando delle letture ben remunerate in giro per gli Stati Uniti. Essa non si fermò solo negli Stati Uniti, ma trascorse un periodo, a cavallo della Guerra Franco Prussiana, in Europa, e cercando, anche in quel caso di dare una mano, ma senza successo. In Europa da anni esisteva la Croce Rossa che lei esportò in America diventandone la prima presidente e poi battendosi per la ratifica della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri e dei feriti da parte del Governo Statunitense.
Il libro presenta un'appendice interessante che contengono le parole stesse della Barton e tratte da dei discorsi che fece nel dopoguerra e che descrivono le esperienze delle prime battaglie e dei due periodi passati a Fredericksburg nel 1862 e 1864.
Pfanz ci regala un ottimo libro che analizza senza enfasi gli atti compiuti dalla Barton, e che ci fanno riflettere sul fatto che spesso diari, discorsi o scritti di una persona non convogliano tutta la verità e vanno presi "cum grano salis", ma tuttavia i gesti umanitari della Barton sebbene il suo carattere tradisse autopromozione e un po' di narcisisimo restano di enorme importanza per la storia della Guerra Civile Americana e per le organizzazioni umanitarie da quell'evento in poi.
Un grazie di cuore a Pen&Sword e Westholme per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Clara Barton's Civil War - Between Bullet and Hospital
Autore: Donald C. Pfanz
Pagine: 228
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Clara-Bartons-Civil-War-Hardback/p/15997
Thursday, January 16, 2020
Challenger 1 : British Main Battle Tank of the Gulf War di Rob Griffin
Se seguite questa pagina con assiduità ormai conoscerete la fantastica serie TankCraft edita da Pen&Sword. Ed oggi il volume trattato riguarda uno dei carri iconici di quella che fu una cavalcata nel deserto, l'Operazione Desert Storm (per i britannici questa campagna nel deserto prese il nome di "Operazione Granby") ovvero il Challenger 1.
Rob Griffin, ex carrista in forza al 4/7th Royal Dragoon Guards nonchè grande esperto e storico dei corazzati, ci fa conoscere questo carro armato, che non ebbe dei grandi esordi.
Spesso i britannici hanno infatti inventato o brevettato novità in ambito militare per poi "rilassarsi sugli allori" e venire superati come tecnologia e dottrine operative. Fu così per l'invenzione del Carro Armato nel 1916, con le dottrine che influenzarono anche un design fallace dei carri nella Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra però i britannici sfornarono forse uno dei migliori carri armati della storia: il Centurion. Ad esso, quando ci si rese conto che stava diventando obsoleto succedette il Chieftain, ma sia da parte degli alleati che dei potenziali nemici sovietici la tecnologia dei corazzati faceva passi avanti, relegando ancora una volta il maggiore carro da battaglia britannico al ruolo di Cenerentola. Lo sviluppo del Challenger 1 fu quasi fortuito perchè dovuto ad eventi che si verificarono molto distante dal Regno Unito. Infatti negli anni '70 uno dei maggiori acquirenti era lo Shah di Persia, che aveva investito molto nel Chieftain, che modificato aveva assunto il nome di Shir. Il ricco stato persiano però aveva dato mandato alle ditte britanniche di creare un altro carro armato, molto più avanzato e sempre prendendo come base il Chieftain, questo avrebbe dovuto essere chiamato Shir 2. La rivoluzione islamica di Khomeini però bloccò questi ordini, così che rimase una grossa flotta di carri armati negli arsenali delle ditte britanniche. I giordani rilevarono le commesse per lo Shir 1 che ancora dovevano essere consegnate alla Persia ora Iran. Tuttavia lo Shir 2 e il lavoro fatto su di esso non fu buttato e formò la base per il nuovo carro, denominato Challenger.
Il libro, come tutti quelli della serie, offre un giusto e valido compromesso per accontentare sia lo storico che il modellista. La monografia infatti si avvale di un apparato iconografico molto consistente, con una parte testuale altamente informativa. Però la parte più interessante e originale è costituita dai profili a colori del carro trattato. Sono presenti 8 profili con tutte le visuali. Inoltre per accontentare il modellista sono presenti le foto di 4 modelli montati da modellisti professionisti.
I modelli presenti sono:
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea del Kosovo IFOR in scala 1/35 montato da Paul Crocker (Kit Tamiya)
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea dela Bosnia SFOR in scala 1/35 montato da Brian Richardson (Kit Tamiya con aggiunte Eduard)
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea del deserto ( Operazione Granby 1991) in scala 1/35 montato da Steve Abbey (Kit Tamiya)
Challenger 1 MBT ritratto nella livrea in uso nelle esercitazione sulla Piana di Salisbury in scala 1/72 e creato partendo da un kit Airfix del Chieftain.
Sono presenti come al solito delle sezioni che illustrano la storia del mezzo, le sue principali varianti (non moltissime visto che il carro armato è stato in servizio per 18 anni) e dopo le bellissime riproduzioni ad opera dei modellisti le consuete recensioni per orientarsi sul mercato dei modellini, con ogni versione recensita e valutata.
Completa il libro un'interessantissima sezione riguardante il comportamento in servizio del carro armato, con una breve ma efficace analisi delle tre campagne a cui ha partecipato. Il Challenger non aveva dato una buona prova di sè quando chiamato a partecipare ad una competizione nel 1987 con altri carri armati alleati in Germania piazzandosi ultimo. Quando scoppiò la Prima Guerra del Golfo, la Thatcher richiese agli alti vertici militari britannici se il carro fosse pronto per partecipare e se si sarebbero evitate le brutte figure del 1987. I vertici risposero che il carro avrebbe dato buona prova di sè, e così fu, piazzando anche il record della distruzione di un carro nemico a maggiore distanza della storia dei corazzati (5100 m) e non riportando alcuna perdita, dimostrando anche una certa resistenza meccanica. Le altre due campagne prima del ritiro furono "pacifiche" nel senso che i carri non dovettero mai sparare ma fu la loro presenza a garantire che si rispettassero le decisioni prese da organismi internazionali: in Bosnia (1996) e Kosovo (1999).
Che dire di più? Oggi il Challenger 1 è stato sostituito da un carro che esteriormente gli somiglia ma che è molto più moderno: il Challenger 2. Laddove il Challenger 1 era un carro di vecchia generazione a cui erano state applicate soluzioni tecnologiche avanzate per farlo stare al passo coi tempi, il Challenger 2 è un carro di nuova generazione. Tuttavia il Challenger 1, quando è stato chiamato all'azione ha fatto il suo dovere e rimane nei cuori di chi lo ha guidato e ci ha combattuto insieme. Un'altra monografia della serie TankCraft che non può mancare nella vostra libreria.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Challenger 1 : British Main Battle Tank of the Gulf War
Autore: Rob Griffin
Pagine: 64
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Challenger-1-Paperback/p/16720
Rob Griffin, ex carrista in forza al 4/7th Royal Dragoon Guards nonchè grande esperto e storico dei corazzati, ci fa conoscere questo carro armato, che non ebbe dei grandi esordi.
Spesso i britannici hanno infatti inventato o brevettato novità in ambito militare per poi "rilassarsi sugli allori" e venire superati come tecnologia e dottrine operative. Fu così per l'invenzione del Carro Armato nel 1916, con le dottrine che influenzarono anche un design fallace dei carri nella Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra però i britannici sfornarono forse uno dei migliori carri armati della storia: il Centurion. Ad esso, quando ci si rese conto che stava diventando obsoleto succedette il Chieftain, ma sia da parte degli alleati che dei potenziali nemici sovietici la tecnologia dei corazzati faceva passi avanti, relegando ancora una volta il maggiore carro da battaglia britannico al ruolo di Cenerentola. Lo sviluppo del Challenger 1 fu quasi fortuito perchè dovuto ad eventi che si verificarono molto distante dal Regno Unito. Infatti negli anni '70 uno dei maggiori acquirenti era lo Shah di Persia, che aveva investito molto nel Chieftain, che modificato aveva assunto il nome di Shir. Il ricco stato persiano però aveva dato mandato alle ditte britanniche di creare un altro carro armato, molto più avanzato e sempre prendendo come base il Chieftain, questo avrebbe dovuto essere chiamato Shir 2. La rivoluzione islamica di Khomeini però bloccò questi ordini, così che rimase una grossa flotta di carri armati negli arsenali delle ditte britanniche. I giordani rilevarono le commesse per lo Shir 1 che ancora dovevano essere consegnate alla Persia ora Iran. Tuttavia lo Shir 2 e il lavoro fatto su di esso non fu buttato e formò la base per il nuovo carro, denominato Challenger.
Il libro, come tutti quelli della serie, offre un giusto e valido compromesso per accontentare sia lo storico che il modellista. La monografia infatti si avvale di un apparato iconografico molto consistente, con una parte testuale altamente informativa. Però la parte più interessante e originale è costituita dai profili a colori del carro trattato. Sono presenti 8 profili con tutte le visuali. Inoltre per accontentare il modellista sono presenti le foto di 4 modelli montati da modellisti professionisti.
I modelli presenti sono:
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea del Kosovo IFOR in scala 1/35 montato da Paul Crocker (Kit Tamiya)
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea dela Bosnia SFOR in scala 1/35 montato da Brian Richardson (Kit Tamiya con aggiunte Eduard)
Challenger 1 Mk3 ritratto nella sua livrea del deserto ( Operazione Granby 1991) in scala 1/35 montato da Steve Abbey (Kit Tamiya)
Challenger 1 MBT ritratto nella livrea in uso nelle esercitazione sulla Piana di Salisbury in scala 1/72 e creato partendo da un kit Airfix del Chieftain.
Sono presenti come al solito delle sezioni che illustrano la storia del mezzo, le sue principali varianti (non moltissime visto che il carro armato è stato in servizio per 18 anni) e dopo le bellissime riproduzioni ad opera dei modellisti le consuete recensioni per orientarsi sul mercato dei modellini, con ogni versione recensita e valutata.
Completa il libro un'interessantissima sezione riguardante il comportamento in servizio del carro armato, con una breve ma efficace analisi delle tre campagne a cui ha partecipato. Il Challenger non aveva dato una buona prova di sè quando chiamato a partecipare ad una competizione nel 1987 con altri carri armati alleati in Germania piazzandosi ultimo. Quando scoppiò la Prima Guerra del Golfo, la Thatcher richiese agli alti vertici militari britannici se il carro fosse pronto per partecipare e se si sarebbero evitate le brutte figure del 1987. I vertici risposero che il carro avrebbe dato buona prova di sè, e così fu, piazzando anche il record della distruzione di un carro nemico a maggiore distanza della storia dei corazzati (5100 m) e non riportando alcuna perdita, dimostrando anche una certa resistenza meccanica. Le altre due campagne prima del ritiro furono "pacifiche" nel senso che i carri non dovettero mai sparare ma fu la loro presenza a garantire che si rispettassero le decisioni prese da organismi internazionali: in Bosnia (1996) e Kosovo (1999).
Che dire di più? Oggi il Challenger 1 è stato sostituito da un carro che esteriormente gli somiglia ma che è molto più moderno: il Challenger 2. Laddove il Challenger 1 era un carro di vecchia generazione a cui erano state applicate soluzioni tecnologiche avanzate per farlo stare al passo coi tempi, il Challenger 2 è un carro di nuova generazione. Tuttavia il Challenger 1, quando è stato chiamato all'azione ha fatto il suo dovere e rimane nei cuori di chi lo ha guidato e ci ha combattuto insieme. Un'altra monografia della serie TankCraft che non può mancare nella vostra libreria.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Challenger 1 : British Main Battle Tank of the Gulf War
Autore: Rob Griffin
Pagine: 64
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Challenger-1-Paperback/p/16720
Wednesday, January 15, 2020
British Steam Military Connections - LNER Steam locomotives & Tornado di Keith Langston
Il Regno Unito è la patria delle ferrovie, il paese che ha dato vita a questo mezzo di trasporto anche oggi conserva un affetto, passione e considerazione per questo mezzo di locomozione e nello specifico conserva molte linee turistiche in cui si può usufruire di treni a vapore. Allo stesso tempo ogni locomotiva, quasi fosse una nave, ha sin dal principio, sin dai primordi delle ferrovie, ottenuto un nome portato spesso per tutta la vita operativa del mezzo meccanico.
Il libro che vi presento oggi esula un pò dalle solite storie di guerre o battaglie, ed anche da eventi sociali importanti per il genere umano, e ci trasporta nel mondo delle ferrovie e dei nomi di origine militare dati alle varie locomotive della London & North Eastern Railway nel 1923 (e confluite poi nelle British Railway nel 1948). Scritto da Keith Langston di cui avevamo già recensito il primo volume dedicato invece alle locomotive della London Midway & Scottish Railway ( qui: https://oldbarbedwire.blogspot.com/2019/07/british-steam-military-connections.html ) questo secondo volume, edito da Pen & Sword Transport si presenta meravigliosamente come il primo elencando tutti i nomi con una breve storia del personaggio, reggimento/unità, mezzo o altre connessioni, di cui la locomotiva in questione si fregia. Il libro viene diviso per modello di locomotiva, con le seguenti locomotive:
Robinson 4-6-0 Classe B3
Gresley Pacific Classe A4
Gresley Pacific Classe A3
Thompson/Peppercornd Pacific Classe A2
Gresley 2-6-2 Classe V2
Robinson 4-6-0 Classe B8
Gresley 4-6-0 Classe B17
Pickersgill 4-4-0 Classe D40
Robinson 4-4-0 Classe D11
Holmes 0-6-0 Classe J36
Per ogni locomotiva viene elencata una breve storia in un piccolo riquadro verde, e se presente una "P" questo vuol dire che quella locomotiva esiste ancora. La maggior parte dello spazio però è dedicata al personaggio, unità, o mezzo a cui è dedicata la locomotiva. Una parte consistente del libro è dedicata appunto a una locomotiva modello Peppercorn A1 Classe Pacific, che ha una storia molto singolare, dato che non è una locomotiva antica ma ricostruita grazie al lavoro e alla passione di alcune persone nel 1990, ed entrata in servizio nel 2008. Questo bellissimo modello, a cui è dedicato tutto il terzo capitolo (e a cui anche il titolo del libro fa riferimento) è stato battezzato "Tornado" come il famoso cacciabombardiere della Panavia, in servizio nella RAF e in altre forze aeree. Le foto del modello sono tutte a colori e davvero sono così belle da desiderare di farci un giro sopra sognando tempi andati. Vi dirò di più, da italiano ho pensato che sarebbe bello mettere in programma di venire in Inghilterra proprio per poter vedere Tornado e le altre locomotive preservate.
Un ulteriore pro di questo libro è la disponibilità (a pagina 5) di usufruire di filmati di alcune locomotive in movimento grazie alla tecnologia del QR code, con cui si può scannerizzare il codice per vedere il video.
Che dire di più? Il libro è pieno di fantastiche foto delle varie locomotive, su cui spiccano quelle a colori del ricostruito Tornado, foto che trasmettono un'atmosfera di tempi andati. Le note informative sulla storia della locomotiva, quelle sul soggetto al quale è dedicata la locomotiva, le stesse scelte di dare un nome piuttosto che un altro, ci fanno conoscere molto di come era il Regno Unito ai tempi delle locomotive a vapore, che sono state preservate e comunque hanno avuto una vita operativa in cui le autorità e gli appassionati e non le hanno amate per il loro servizio e la loro storia associandole a nomi militari.
Un grazie di cuore a Pen&Sword Transport per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: British Steam Military Conections - LNER Steam locomotives & Tornado
Autore: Keith Langston
Pagine: 152
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/British-Steam-Military-Connections-Hardback/p/16865
Il libro che vi presento oggi esula un pò dalle solite storie di guerre o battaglie, ed anche da eventi sociali importanti per il genere umano, e ci trasporta nel mondo delle ferrovie e dei nomi di origine militare dati alle varie locomotive della London & North Eastern Railway nel 1923 (e confluite poi nelle British Railway nel 1948). Scritto da Keith Langston di cui avevamo già recensito il primo volume dedicato invece alle locomotive della London Midway & Scottish Railway ( qui: https://oldbarbedwire.blogspot.com/2019/07/british-steam-military-connections.html ) questo secondo volume, edito da Pen & Sword Transport si presenta meravigliosamente come il primo elencando tutti i nomi con una breve storia del personaggio, reggimento/unità, mezzo o altre connessioni, di cui la locomotiva in questione si fregia. Il libro viene diviso per modello di locomotiva, con le seguenti locomotive:
Robinson 4-6-0 Classe B3
Gresley Pacific Classe A4
Gresley Pacific Classe A3
Thompson/Peppercornd Pacific Classe A2
Gresley 2-6-2 Classe V2
Robinson 4-6-0 Classe B8
Gresley 4-6-0 Classe B17
Pickersgill 4-4-0 Classe D40
Robinson 4-4-0 Classe D11
Holmes 0-6-0 Classe J36
Per ogni locomotiva viene elencata una breve storia in un piccolo riquadro verde, e se presente una "P" questo vuol dire che quella locomotiva esiste ancora. La maggior parte dello spazio però è dedicata al personaggio, unità, o mezzo a cui è dedicata la locomotiva. Una parte consistente del libro è dedicata appunto a una locomotiva modello Peppercorn A1 Classe Pacific, che ha una storia molto singolare, dato che non è una locomotiva antica ma ricostruita grazie al lavoro e alla passione di alcune persone nel 1990, ed entrata in servizio nel 2008. Questo bellissimo modello, a cui è dedicato tutto il terzo capitolo (e a cui anche il titolo del libro fa riferimento) è stato battezzato "Tornado" come il famoso cacciabombardiere della Panavia, in servizio nella RAF e in altre forze aeree. Le foto del modello sono tutte a colori e davvero sono così belle da desiderare di farci un giro sopra sognando tempi andati. Vi dirò di più, da italiano ho pensato che sarebbe bello mettere in programma di venire in Inghilterra proprio per poter vedere Tornado e le altre locomotive preservate.
Un ulteriore pro di questo libro è la disponibilità (a pagina 5) di usufruire di filmati di alcune locomotive in movimento grazie alla tecnologia del QR code, con cui si può scannerizzare il codice per vedere il video.
Che dire di più? Il libro è pieno di fantastiche foto delle varie locomotive, su cui spiccano quelle a colori del ricostruito Tornado, foto che trasmettono un'atmosfera di tempi andati. Le note informative sulla storia della locomotiva, quelle sul soggetto al quale è dedicata la locomotiva, le stesse scelte di dare un nome piuttosto che un altro, ci fanno conoscere molto di come era il Regno Unito ai tempi delle locomotive a vapore, che sono state preservate e comunque hanno avuto una vita operativa in cui le autorità e gli appassionati e non le hanno amate per il loro servizio e la loro storia associandole a nomi militari.
Un grazie di cuore a Pen&Sword Transport per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: British Steam Military Conections - LNER Steam locomotives & Tornado
Autore: Keith Langston
Pagine: 152
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/British-Steam-Military-Connections-Hardback/p/16865
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