Il libro che vi presento oggi ha un titolo eloquente e parla di un personaggio storico che viene anche difficile presentare: Adolf Hitler. Come altri personaggi della storia e forse più di molti altri, per colpa del suo regime dittatoriale e per l'assoluta condanna verso i crimini di questo stesso regime , egli ha destato la curiosità e l'interesse di un enorme numero di storici, che , prevedibilmente, hanno prodotto una mole importante di biografie e testi dedicati a lui. Non è difficile imbattersi in una nuova biografia, che magari guarda a Hitler da un punto di vista "innovativo" , o che semplicemente punta ad una fetta di mercato non ancora esplorata e punta sulla novità e sull'interesse delle nuove generazioni di lettori. Ma chiariamo una cosa, questo libro, scritto dal giornalista e storico Peter den Hertog , non è una biografia ma più un testo che cerca una delle risposte che ancora la storiografia ufficiale non sa dare e che è fondamentale per inquadrare Hitler come persona.
L'approccio di den Hertog è sostanzialmente scientifico, poichè il suo libro composto di 24 capitoli di diverse lunghezze, opera una ricerca attorno alla vita e ai primi 30 anni di Adolf Hitler guardando alle sue relazioni sociali ma anche alla sua natura. Questa dicotomia analizzata in modo molto soddisfacente dall'autore punta a due stimoli che formarono le convinzioni politiche e sopratutto personali di Hitler, ovvero natura e crescita.
La spiegazione è presto data: molti, se non la maggioranza assoluta degli storici inquadra l'antisemitismo di Hitler , che portò poi al terribile sterminio degli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale, come frutto di influenze esterne, provenienti dai suoi primi anni, quelli formativi, sopratutto in un ambiente come quello di Vienna, capitale di un impero multietnico come quello Asburgico, ma anche città estremamente antisemita. Altre ovvie influenze erano rappresentate dal milieu sociale e culturale della fine '800 e inizio '900. Tuttavia l'autore indaga, attraverso fonti primarie e secondarie, e scopre un Hitler che a cavallo della sua permanenza viennese non era ancora antisemita, anzi si accompagnava a diverse conoscenze della comunità ebraica e non aveva formato ancora le sue idee che poi sfoceranno nel suo libro "Mein Kampf".
L'aspetto che risulta estremamente interessante del libro è l'indagine sugli aspetti paranoici della personalità di Hitler, esaminati con successo in una serie di capitoli centrali del libro e che delineano un uomo con enormi problemi che si acuiranno insieme alle varie esperienze formative come il rigetto della sua carriera di artista e con la terribile esperienza della guerra in trincea. Un altro lato importante è il narcisismo di Hitler. Questi due caratteri combinati esplodono creando una personalità con tratti paranoici tali da superare ogni misurazione moderna del fenomeno. L'autore per dimostrare la paranoia di Hitler cita diversi esempi in relazione ad amici e collaboratori, poichè Hitler non si fidava di nessuno, vivendo una vita sempre guardandosi le spalle da tradimenti, complotti e attentati.
Come detto, la sua personalità fa un "salto di qualità", dopo la guerra e in concomitanza con il suo lavoro di "spia" nel partito politico di cui poi diventerà leader, il NSDAP (Partito Nazista) . Molte delle convinzioni che già aveva ai tempi della permanenza viennese riguardo gli ebrei, o molte cose che aveva sentito, al tempo prese non seriamente si coaguleranno in lui formando una convinzione difficile da scalfire. Il mito della "pugnalata alle spalle", della profonda umiliazione dell'apparato militare tedesco nel primo dopoguerra renderanno ancora più forti certe convinzioni.
L'autore fissa dei momenti specifici per alcune situazioni. Una è appunto la nascita vera e propria di un antisemitismo espresso da Hitler, che den Hertog attesta a dopo la Grande Guerra. Un'altra parte importante del libro, nei capitoli di chiusura è l'analisi del momento in cui (e se lo fece espressamente) Hitler diede l'ordine per la soluzione finale. Ho trovato questa seconda parte più debole (ma solo perchè analizzata brevemente rispetto alla ricerca nella personalità di Hitler) rispetto alla prima. Hitler non lasciò mai nulla di espressamente scritto , ma tuttavia vi sono tre fonti che possono far trapelare un ordine espresso di Hitler ai suoi sottoposti riguardanti la "Endlosung" , la Soluzione Finale. Più interessante risulta la discussione sul momento in cui quest'ordine viene dato, che ovviamente fa uso di altri testi e biografie, su cui l'autore sembra estremamente preparato.
Il libro che ne risulta si legge con estremo interesse e, sembra davvero un nuovo sguardo alla figura di Hitler, spesso banalizzata o poco indagata da un punto di vista della personalità. Hitler viene spesso bollato come un "pazzo" senza molte discussioni. Anche molti storici insistono su questo punto, non analizzando però quale tipo di disturbi avesse in particolare, mentre altri , un filone di storici in voga negli anni '70 , i cosiddetti psicostorici, si avvalgono di teorie freudiane ormai superate e screditate. Den Hertog quindi analizza estremamente bene la personalità di Hitler con l'ausilio di fonti primarie (testimonianze sopratutto di chi lo conobbe negli anni precedenti la sua ascesa, come il suo amico Kubizek) e secondarie (le molte biografie) ed evidenzia i tratti del suo carattere che lo portarono poi ai crimini per i quali il Partito Nazista e la sua figura ricevettero la condanna della storia. Un libro che consiglio caldamente e che risulta estremamente appassionante e interessante.
Un grazie di cuore a Frontline Books per avermi fornito il libro per la recensione.
Titolo: Why Did Hitler Hate the Jews? - The Origins of Adolf Hitler's Anti-Semitism and its Outcome
Autore: Peter den Hertog
Pagine: 208
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Why-Did-Hitler-Hate-the-Jews-Hardback/p/18030
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